Il tempo non sembrava promettere nulla di buono, era freddo
e pioveva, ma si sa, L’Aquila ha un clima piuttosto freddo, sarà per questo che
i suoi abitanti hanno coperto panchine, lampioni, fontane e persino cabine
telefoniche di coloratissimi patchwork tessuti ad uncinetto! E’ così, che
arrivati alla piazza centrale, veniamo accolti da fontane con il berretto,
panchine con le coperte e lampioni con le sciarpe, un gesto d’amore verso la
città che sembra voler proteggere, scaldare… In contrasto con le rovine, con le
puntellature di metallo, con i detriti ammassati agli angoli delle strade. E
si, perché da allora, da quando tre anni fa la Terra ha tremato, molto poco è
cambiato: è la stasi. E’ un balcone dove le piante assetate attendono l’acqua
di un annaffiatoio rimasto al piano di sopra, piante color erba secca e un
annaffiatoio color verde plastica, ingabbiate in un’impalcatura di metallo così
stridente a confronto con i delicati fregi di quella che una volta era stata la
casa di qualcuno. È un sabato
pomeriggio, sotto i portici del Corso,
dove ci si aspetterebbe di vedere il rituale dello “struscio”, invece, anche
qui, silenzio, silenzio e metallo, i colori caldi degli edifici, i colori
freddi dei puntellamenti e il rosso che ammonisce: “pericolo”!
mercoledì 25 aprile 2012
martedì 24 aprile 2012
Piazza dei Nove Martiri Aquilani
L'Aquila, 7 aprile 2012: Piazza dei Nove Martiri Aquilani, così come appare
in una giornata piuttosto fredda e piovosa. Non conosco la storia dei nove martiri e allora la cerco tra le pagine di
internet e così scopro i loro nomi e i drammatici eventi di cui furono
sfortunati ma eroici protagonisti:
Bruno D’Inzillo, Bernardino Di Mario, Fernando Della Torre, Carmine
Mancini, Giorgio Scimia, Francesco Colaiuda, Anteo Alleva, Sante Marchetti, Pio
Bartolini avevano tutti tra i diciotto e vent’anni. Dopo l’8 settembre del 1943
avevano deciso di unirsi alle schiere di partigiani che combattevano le truppe
di occupazione tedesche. Rifugiatisi sulle montagne nei pressi dell’abitato di
Collebrincioni per sfuggire ai rastrellamenti, a seguito di una delazione furono
catturati dal contingente tedesco, condotti nella caserma Pasquali, costretti a
scavarsi la fossa e fucilati. I loro corpi furono rinvenuti solo dopo la
liberazione della città dell’Aquila, avvenuta il 13 giugno del 1944, e
ricomposte all’interno della scuola elementare “De Amicis”, dove ricevettero
l’omaggio della cittadinanza.
domenica 15 aprile 2012
La porta chiusa
Una come tante, come tutte le porte de L'Aquila.
Con le chiavi attaccate alla rete in segno di protesta.
Mi venivano facilmente alla memoria, con prepotenza, i versi del Poeta: "per me si va nella città dolente...per me si va tra la perduta gente..."
Ma da qui non si va. Da nessuna parte.
Con le chiavi attaccate alla rete in segno di protesta.
Mi venivano facilmente alla memoria, con prepotenza, i versi del Poeta: "per me si va nella città dolente...per me si va tra la perduta gente..."
Ma da qui non si va. Da nessuna parte.
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L'Aquila, 7 aprile, anno IV d.t. |
venerdì 13 aprile 2012
L'Aquila silente

7 Aprile 2012
L'Aquila dal cupo grigiore, ci attende sonnolenta..
E' il Sabato prima di Pasqua e non s'odono neppure le campane.
Passano i cani randagi, gli abitanti in visita alle loro case.
Ospiti di se stessi.
L'Aquila dal cupo grigiore, ci attende sonnolenta..
E' il Sabato prima di Pasqua e non s'odono neppure le campane.
Passano i cani randagi, gli abitanti in visita alle loro case.
Ospiti di se stessi.

Le prime gocce ci fanno riparare, stiamo attaccati alle case, coperti dai ballatoi dei lavori in corso..più che in corso sembrerebbero immobili.
Basta così poco perchè un tratto d'inchiostro si disperda
e rovini la carta..?
Basta così poco perchè un tratto d'inchiostro si disperda
e rovini la carta..?


A mangiar Lasagne, Verdure, Tiramisù, a sentire i piatti che vengono lavati.
Il bar fa rivivere quei quotidiani movimenti della routine.
Il bar fa rivivere quei quotidiani movimenti della routine.


Poi al Bar centrale, in piazza Duomo, dove, se prendi il caffè ti puoi gustare un torrone di produzione propria.
L'Italianità rimane famosa nelle piccole tracce di sè.
E' buono.
L'Italianità rimane famosa nelle piccole tracce di sè.
E' buono.


E poi viene a diluviare e i bambini nel capannone escono sfidando la mamma e la pioggia, per poi tornare subito alle scrivanie a guardar le donne darsi da fare con l'uncinetto.
Gli abruzzesi dicono di loro che sono testardi, testardi come muli.
E questa volta non hanno avuto molta libertà per poterlo essere.
Gli abruzzesi dicono di loro che sono testardi, testardi come muli.
E questa volta non hanno avuto molta libertà per poterlo essere.
lunedì 9 aprile 2012
Visita al capezzale
Tre anni fa, c'è stato quel terribile incidente. Lei da allora giace lì, ingessata, piena di tiranti;ogni osso le si è sbriciolato, ferite dappertutto, un trauma che l'ha gettata in coma.
I macchinari che monitorano il suo stato indicano un elttroencefalogramma piatto: coma profondo.
Eppure è ancora bella, ma com'è triste andarla a trovare.
All'inizio non ce la volevano fare neanche vedere, forse proteggevano le nostre emozioni, o non volevano far sapere quanto disperata fosse la sua condizione. Poi ogni tanto una breve visita autorizzata, ma con la scorta di uno specialista. Toccarla, neanche a pensarci. Potrebbe farle male. Come, sente qualcosa? Forse si. Le terminazioni nervose sono ancora vive.
Venerdì le hanno messo delicatamente addosso una coperta dai mille colori. Secondo la cromoterapia, potrebbe svegliare in lei delle sensazioni, far smuovere quel maledetto diagramma piatto.
Staremo a vedere.
Ma vedere, guardarla, è duro, e dopo tanto tempo, le speranze sono poche...e farle il ritratto, di un ciglio, di un po' di pelle, con questo tempo freddo e grigio, fa tanto male.
I macchinari che monitorano il suo stato indicano un elttroencefalogramma piatto: coma profondo.
Eppure è ancora bella, ma com'è triste andarla a trovare.
All'inizio non ce la volevano fare neanche vedere, forse proteggevano le nostre emozioni, o non volevano far sapere quanto disperata fosse la sua condizione. Poi ogni tanto una breve visita autorizzata, ma con la scorta di uno specialista. Toccarla, neanche a pensarci. Potrebbe farle male. Come, sente qualcosa? Forse si. Le terminazioni nervose sono ancora vive.
Venerdì le hanno messo delicatamente addosso una coperta dai mille colori. Secondo la cromoterapia, potrebbe svegliare in lei delle sensazioni, far smuovere quel maledetto diagramma piatto.
Staremo a vedere.
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hotel Sole |
L'Aquila 7 aprile 2012: primo giorno del IV anno d. t.
Silenzio.
Ancora il silenzio continua ad abitare queste strade.
Un silenzio interrotto dai nostri passi che percorrono il ricordo dell'ultima nostra visita.
Ed accorgersi che pochissimo è cambiato, talmente poco che è come se niente fosse accaduto.
Niente di nuovo da tre anni fa.
Il segno questa volta è indeciso, quasi a trovare il modo migliore di raccontare ciò che vedo.
Ma non c'è un modo migliore e mi lascio trasportare dal momento.
E il momento è così: incompiuto.
Come la ricostruzione incompiuta. O forse mai iniziata.
Ancora il silenzio continua ad abitare queste strade.
Un silenzio interrotto dai nostri passi che percorrono il ricordo dell'ultima nostra visita.
Ed accorgersi che pochissimo è cambiato, talmente poco che è come se niente fosse accaduto.
Niente di nuovo da tre anni fa.
Il segno questa volta è indeciso, quasi a trovare il modo migliore di raccontare ciò che vedo.
Ma non c'è un modo migliore e mi lascio trasportare dal momento.
E il momento è così: incompiuto.
Come la ricostruzione incompiuta. O forse mai iniziata.
domenica 8 aprile 2012
"OGGI"
Al Cinema Massimo de L'Aquila oggi proiettano "Gli amici del Bar Margherita" di Pupi Avati. Sì, anche oggi, sono tre anni che danno sempre lo stesso film. Almeno, questo è quello che riporta il manifesto affisso fuori da quello che era un sontuoso edificio proprio sul viale d'accesso al centro della città.
E' lì, fisso, da tre anni, da quella notte che lo rese un indegno deposito di calcinacci, legato e circondato da oscene barriere.
Il cinema è movimento: i baffi di Abatantuono, il sorriso di Luisa Ranieri, lo sguardo stralunato di Neri Marco Re, sono fermi a quella notte.
Un ottimistico poster piazzato un pò più avanti dice che stanno per partire le gare d'appalto e che in pochi mesi L'Aquila riavrà il suo cinema più elegante (a questo punto mi permetto di avere dei dubbi). Ma, nel frattempo, non si potrebbe almeno rimuovere i calcinacci? Non mi pare molto.
Sono partito da Roma con l'intenzione di disegnare questo cartello, che mi aveva già colpito durante la mia visita dello scorso anno. Però speravo proprio l'avessero rimosso... La pioggia mi ha impedito di sketcharlo lì, sul posto, ma l'ho fotografato, l'ho disegnato e adesso lo regalo alla città, sperando di non trovarlo più la prossima volta....
E' lì, fisso, da tre anni, da quella notte che lo rese un indegno deposito di calcinacci, legato e circondato da oscene barriere.
Il cinema è movimento: i baffi di Abatantuono, il sorriso di Luisa Ranieri, lo sguardo stralunato di Neri Marco Re, sono fermi a quella notte.
Un ottimistico poster piazzato un pò più avanti dice che stanno per partire le gare d'appalto e che in pochi mesi L'Aquila riavrà il suo cinema più elegante (a questo punto mi permetto di avere dei dubbi). Ma, nel frattempo, non si potrebbe almeno rimuovere i calcinacci? Non mi pare molto.
Sono partito da Roma con l'intenzione di disegnare questo cartello, che mi aveva già colpito durante la mia visita dello scorso anno. Però speravo proprio l'avessero rimosso... La pioggia mi ha impedito di sketcharlo lì, sul posto, ma l'ho fotografato, l'ho disegnato e adesso lo regalo alla città, sperando di non trovarlo più la prossima volta....
sabato 7 aprile 2012
Minchia, tre anni!
"Minchia, tre anni!" , diceva l'allibito aviatore di Mediterraneo, stupito che i commilitoni avessero potuto far passare così tanto tempo...
Cerchiamo di sdrammatizzare, ma è veramente difficile: tre anni dal terremoto che ha distrutto L'Aquila.
In quei giorni ero, ironia della sorte, in Giappone, paese sismico per eccellenza, eppure la terra ha distrutto una città a solo 100 chilometri da casa mia. Poi anche il Sol Levante ha tremato, poco più di un anno fa, e con una forza dieci volte maggiore a quella che ha svuotato la capitale d'Abruzzo. Eppure, laggiù, in un anno, radioattività e Fukushima a parte, non c'è quasi più traccia di quello che è successo; città ricostruite, aereoporti attivi, strade funzionanti, (quasi) come se nulla fosse successo.
Qui, ci sono ancora i calcinacci in giro, le case puntellate, bande di sciacalli in azione, macchine distrutte, cantieri fermi. Ma, "Miracolo Italiano"!, Renzo Piano, l'archistar, piomba come folgore dal cielo per donare (si fa per dire, visto che l'opera costerà oltre 7 milioni di euro) un indispensabile Auditorium proprio al centro della città anche per coprire, coi suoi 18 metri d'altezza, quella schifezza di castello cinquecentesco che, tanto, se ne casca a pezzi...
Com'era lo slogan del post terremoto in Friuli? "Fabbriche, case, chiese", ovvero prima ricostruire il lavoro, poi le case, e infine tutto il resto. A L'Aquila hanno solo puntellato le case, del lavoro non c'è traccia, e, vabbè, pure le chiese non se la passano poi tanto bene.
Sarà stata la pioggia, o il sabato santo, ma oggi non sono proprio riuscito a disegnare niente di meglio...
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