La sensazione è quella di una città in ostaggio.
Oggi c'è il sole e gente curiosa popola le strade aperte del centro. Qualcuno si avvicina ai recinti che cingono la zona rossa, guarda dentro - come allo zoo si guardano animali - e noi là dietro che certo non ci sentiamo privilegiati. Ma forse lo siamo.
Il centro de L'Aquila non è più aquilano. Permessi e burocrazie - necessarie per la sicurezza - si traducono in frettolosi e militari "non si può" quando qualche cittadino tenta comunque di varcare i cancelli per raggiungerci.
Tra i passanti, tanti curiosi sono turisti venuti da ogni dove - oggi che Eurochocolate fa la sua anteprima proprio a L'Aquila - ed io non riesco ad esserne sdegnata, la ritengo invece una fortuna per questa città che ha bisogno di essere raccontata, perchè ferita da continue menzogne ed omissioni dai grandi media.
Quegli occhi che guardano dietro i cancelli, ben diversi da quelli di chi entra nella zona rossa, sembrano impressionati ma leggeri, come quelli incontrati in Spagna, a visitare i vecchi set dei film western di Leone.
Poi parli con gli abitanti e la realtà ritorna in tutto il suo peso. Colpisce il senso di fragilità emotiva che essi stessi ammettono, mentre mi dicono "noi non discutiamo più tra noi, non litighiamo, perchè abbiamo paura di far crollare, gli uni negli altri, ogni piccola certezza che a fatica abbiamo ricostruito in noi".
Popolazione ostaggio della paura.
Ostaggio degli albergatori che ogni tanto "minacciano" (ma come dar loro torto?) di tagliare i viveri agli "ospiti" aquilani, eterno braccio di ferro con i conti pubblici, a cui non vince mai nessuno dei cittadini.
Ostaggio dell'incertezza, quando non c'è progetto, non c'è luce alla fine di questo tunnel di macerie.
E la nostra carriola, così leggera di carte e di disegni, ad un tratto diventa pesante di un impegno che ogni giorno sento più forte: non li lasceremo soli.
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